30 settembre 2024 | 18.12
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“L’anticorpo bispecifico blinatumomab ha cambiato e sta cambiando la storia della leucemia linfoblastica acuta (LLA) e le evidenze sul trattamento di prima linea suggeriscono un futuro molto diverso per i pazienti rispetto al passato”. Queste le parole di Alessandra Brescianini, direttore medico di Amgen Italia, oggi a Milano, in occasione della presentazione dei risultati dello studio clinico di fase III E1910, che dimostrano come l'introduzione in prima linea dell'anticorpo monoclonale bispecifico blinatumomab del trattamento aumenta significativamente la sopravvivenza globale dei pazienti con LLA a cellule Ph-B di nuova diagnosi.
Recentemente pubblicati sul New England Journal of Medicine, i risultati dello studio clinico di fase III E1910 dimostrano che in questi pazienti, senza tracce di malattia rilevabile (MRD negativa), dopo il trattamento iniziale, l'aggiunta dell'anticorpo bispecifico blinatumomab al consolidamento della chemioterapia aumenta significativamente la sopravvivenza. Infatti, l’inserimento dell’immunoterapia nel regime terapeutico di prima linea ha ridotto il rischio di morte del 59%: dopo circa tre anni e mezzo, infatti, l’85% dei pazienti trattati con blinatumomab è ancora vivo, contro il 68% di quelli trattati con la sola chemioterapia.
“Vorrei sottolineare che lo sviluppo di questo farmaco nasce da una costante collaborazione con la comunità scientifica – aggiunge Brescianini – e in particolare con gli ematologi italiani, che hanno dato un contributo fondamentale a livello internazionale allo sviluppo di questa terapia. Si tratta di una collaborazione attiva che ci consente di sfruttare tutte le potenzialità di questo farmaco, come nel caso della sperimentazione della formulazione sottocutanea di blinatumomab. “Attualmente i dati confermano l'elevata efficacia di questa formulazione che sarà in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti consentendo loro di evitare lunghe infusioni endovenose – conclude – contribuendo in modo significativo al benessere emotivo e psicologico dei pazienti, supportandoli nel loro percorso terapeutico.”