Berlino alza un muro contro Unicredit. La guerra bancaria inizia in Europa

Il conflitto sull'accordo Unicredit-Commerzbank raggiunge livelli sempre più alti. Mentre ieri l'istituto italiano diretto da Andrea Orcel ha annunciato di aver aumentato al 21% la propria partecipazione nel capitale della banca tedesca, grazie a “strumenti finanziari relativi ad una partecipazione dell'11,5% nel capitale sociale” di Commerzbank, di New York . , il cancelliere Olaf Scholz ha lanciato una sorta di anatema contro “le acquisizioni ostili e i metodi grossolani nel settore bancario”, precisando che “il governo federale è contrario alle acquisizioni annunciate senza consultare” le autorità delegate; soprattutto se il soggetto “aggredito è una banca la cui strategia è orientata all'indipendenza”.

Rileggendo queste dichiarazioni, è difficile credere che si tratti di parole del capo di un Paese, la Germania, che da anni detta severamente le regole per la costruzione di un’Unione Europea lontana dalle forme più crude di sovranità. In particolare nel sistema bancario, la cui riorganizzazione oltre i confini nazionali è alla base, insieme alla Capital Market Union, della costruzione europea concepita dai padri fondatori.

Si tratta anche di una chiara inversione di rotta rispetto all’annuncio fatto all’inizio di questo mese, quando il governo tedesco si era dichiarato disposto a privatizzare completamente la sua partecipazione del 16,5% in Commerzbank. Come è avvenuto il brusco cambio di rotta, come era prevedibile dopo la cessione del 4,5% a Unicredit, che, per la cronaca, ha acquistato pagando il giusto prezzo, rispettando scrupolosamente le regole e dopo aver accettato di entrare nel capitale di l’istituto con i principali esponenti del governo guidato dallo stesso Scholz, in linea anche con le indicazioni della Bce, della Bundesbank e di alcuni alti dirigenti della stessa Commerzbank?

Ha sicuramente influito la sottovalutazione delle proteste del sindacato interno all'istituto – che teme tagli di personale in caso di una possibile fusione -, unita alle pulsioni politiche che non tollerano di vedere nomi italiani in prima linea in una realtà strategica tedesca. In secondo luogo, ha sicuramente influito la grande debolezza del governo di Berlino, che da mesi si trova ad affrontare una situazione recessiva che ha già provocato notevoli perdite di consensi. Da qui la necessità, secondo il partito di Scholz, di evitare una nuova frattura con una base elettorale poco disposta a fare concessioni di sovranità economica, soprattutto a favore di un Paese come l'Italia, da sempre fortemente criticato per il suo eccessivo debito. e, in ogni caso, è spesso considerato poco più che un partner socievole.

C’è chi spiega che un simile atto di sovranità bancaria rischia di essere controproducente non solo per le ricadute positive che la fusione tra Unicredit e Commerz avrebbe per il sistema finanziario tedesco ed europeo, ma soprattutto perché rappresenta un vero e proprio soffio. a quel sistema di standard che la Germania stessa richiedeva. Da parte nostra osserviamo che la crisi tedesca e la conseguente reazione a questo episodio finanziario stanno indebolendo fortemente la credibilità di quel Paese, che intende comunque dare lezioni anche nella composizione del nuovo governo europeo. Nemmeno i più convinti sovranisti italiani sono arrivati ​​a questo punto, basti vedere come, nonostante dissensi e dibattiti anche accesi, abbiano finalmente accettato di cedere la compagnia di bandiera per permettere alla tedesca Lufthansa di rafforzarsi con l'acquisizione di Ita. Airways ha l'idea che solo così possano nascere gruppi capaci di competere con le sfide globali.

Quanto ad Unicredit, smentendo i timori di Scholz di Opa ostili, nella nota diffusa ieri precisa che il perfezionamento dell'acquisizione della tranche dell'11,5% “è subordinato all'ottenimento delle relative autorizzazioni”. E per chiarire eventuali malintesi, “un ulteriore aumento della partecipazione” potrà avvenire solo “a seconda dell'esito dei colloqui con Commerzbank e, in generale, con tutti i suoi azionisti tedeschi”. Ricordiamo che Unicredit ha già chiesto alla Bce l'autorizzazione per crescere al 29,9%. E completa la nota: «A nostro avviso, c'è un notevole potenziale di creazione di valore che può essere estratto in Commerzbank, sia in uno scenario indipendente che nel gruppo Unicredit, a beneficio di tutta la Germania e di tutti i suoi stakeholder. Tuttavia – precisa la nota – come avvenuto con Unicredit, lo sviluppo di questo potenziale richiede l'adozione di azioni concrete”. Ecco il punto. Il riferimento è chiaro all'attività di miglioramento dell'efficienza attraverso i tagli che Orcel ha applicato alla sua banca – questo è proprio ciò che temono i sindacati della banca tedesca – che però non sarebbe mai riuscito a decuplicare il valore della sua banca senza questa razionalizzazione, così come la convinzione che solo così si potrà raggiungere una massa critica in grado di affrontare le sfide globale.

D'altronde, a prova che la strada indicata dalla banca milanese è quella giusta e che Commerzbank non ha davanti a sé un aggressore con scopi speculativi, Unicredit è disposta a mettere sul tavolo l'attività svolta in ciascuno dei 12 mercati in cui è presente in Europa, oltre ai 20 anni in cui ha operato in Germania come principale player in tale mercato. Di fronte a ciò, è difficile pensare che, passato il momento del crudo confronto politico, non si raggiunga un accordo tra le parti.