Il governo russo ha dichiarato venerdì di aver revocato l'accreditamento a sei diplomatici britannici, accusandoli di spionaggio, e di aver ordinato la loro espulsione dal Paese. Il Foreign Office britannico ha risposto affermando che le accuse sono “del tutto infondate” e che l'espulsione dei sei era già avvenuta il mese scorso. Lo ha però fatto sapere il giorno della visita negli Stati Uniti del primo ministro britannico Keir Starmer, che discuterà anche con il presidente Joe Biden della possibilità di consentire agli ucraini di attaccare il territorio russo con armi fornite dagli alleati.

Il governo britannico ritiene che la decisione sia una ritorsione per l'espulsione, avvenuta a maggio, di un addetto militare dall'ambasciata russa a Londra accusato di essere un ufficiale dell'intelligence militare sotto copertura. In quell’occasione la durata massima dei visti per i diplomatici russi fu limitata a 5 anni. I servizi segreti russi (FSB) sostengono che i sei diplomatici hanno svolto “attività sovversive”: secondo alcuni canali televisivi russi, queste includevano incontri con giornalisti indipendenti e gruppi di attivisti che il regime di Vladimir Putin aveva dichiarato “agenti stranieri”. La società di stampa russa RBC ha stimato l’anno scorso che i paesi occidentali e il Giappone avevano espulso almeno 670 diplomatici russi tra l’invasione dell’Ucraina e l’ottobre 2023; La Russia, a sua volta, aveva espulso almeno 364 occidentali o giapponesi.

– Leggi anche: Il dibattito sulle armi occidentali utilizzate dall’Ucraina, nuovo ma non così nuovo