Dopo oltre 50 anni di carcere, Renato Vallanzasca può essere trasferito in una Rsa agli arresti domiciliari: i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano hanno accolto la richiesta di rinvio di pena per una grave forma di deterioramento cognitivo, presentata dai legali di Corrado Limentani e Paolo Muzzi, con il parere favorevole della Procura Generale.

I gravi problemi di salute dell'ex capo della cosca Comasina – anche per i giudici – sono diventati incompatibili con il regime carcerario. Era stata anche la Procura generale ad aver chiesto il trasferimento e il successivo regime detentivo alternativo per Vallanzasca, condannato a 4 ergastoli e mezzo secolo di carcere. Il sostituto procuratore di Milano, Giuseppe De Benedetto, ha spiegato all'udienza del 10 settembre che “la diagnosi di demenza è accertata, esiste una chiara incompatibilità con la reclusione in carcere ed è giunto il momento di modificare le condizioni di detenzione, che saranno essere effettuati nella struttura che lo ha messo a disposizione.”

All'udienza ha partecipato anche il 74enne ex protagonista della scena del crimine milanese degli anni '70 e '80. Il giudice Carmen D'Elia aveva esaminato tutte le relazioni, comprese quelle del servizio di medicina penitenziaria, che in questi mesi hanno riferito sulle condizioni di Vallanzasca, che non è più autosufficiente. Condizioni che producono “paranoie, deliri notturni”, “afasia” e che lo portano a cadere dal letto e ad essere ricoverato in ospedale a più riprese. “Le sue condizioni non gli permettono nemmeno di comprendere il senso della punizione”, avevano scritto nero su bianco i difensori.

Alla fine di luglio, un neurologo del servizio di medicina penitenziaria ha riferito che le “condizioni sono difficilmente compatibili con il regime carcerario”, che l'uomo di 74 anni “ha perso completamente il controllo” e che ha dovuto essere trasferito in un centro. “per i malati di Alzheimer.” Anche i medici del carcere di Bollate, in un'ultima perizia, hanno evidenziato che si tratta di “disorientato nel tempo e parzialmente nello spazio”, con “comportamenti inappropriati” e “poco collaborativi”.

Gli avvocati Muzzi e Limentani avevano parlato di un malore manifestatosi per la prima volta “nel gennaio 2023” e che andava “rapidamente e progressivamente peggiorando”, con “l'ambiente carcerario che peggiorava le sue condizioni”. E la difesa è riuscita a raccogliere la disponibilità della “più grande struttura veneziana che si prende cura di malati di Alzheimer e demenza, legata alla Chiesa”, in provincia di Padova. Per Vallanzasca, a giugno il Tribunale aveva riattivato i permessi premio in una comunità terapeutica, mentre nel maggio 2023 il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto un'analoga richiesta di rinvio della pena, ma a quel tempo luogo di cura.

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